“Sapevo che capire il bello significa possederlo. Potevo giurare che ci sono sempre delle porte da aprire in noi; inoltre mi affascinava collocare l’esistenza della realtà soltanto nel riflesso del suo sogno.” (Walter Bonatti)
Mura antiche, tufi impregnati dal tempo. Sgocciola, tra i cunicoli, sulle lastre levigate dal passaggio millenario della storia.
Giocavo, bambino, tra gli arcovoli di quello stupefacente anfiteatro.
Ancora mi pare, oggi che li varco tenendo per mano mio figlio, di udire grida festose ed echi di pallone. È la mia casa, come di molti; come per tutti lo è un luogo dove riecheggia l’anima.
Custodiamo la memoria e le persone che l’hanno costruita, siamo quello a cui i nostri sacri antenati hanno dedicato la vita.
E che senso ha vivere se non si ha il coraggio di morire.
Che se non fossi in grado di voltarmi indietro, non avrei orizzonti da guardare avanti a me. Rivedo i volti di quanti non ci sono più, mi parlano ancora.
Ho cura della memoria perché ci sia un fuoco che possa ardere sempre nel suo petto.