Nota: versione breve
Giugno 1914, l’Europa barcollava sul ciglio del primo conflitto planetario ed al contempo volgeva lo sguardo ad una modernità sempre più impellente. Forse, si scoprì più tardi, un orizzonte ancor più tragico dell’imminente.
George Leek era cresciuto ad Aylsham, un paesino al centro della contea di Norfolk, a Nord Est di Londra, affacciata sul mare del Nord dove resisteva qualche abitazione dal tetto di fango e paglia e la convinzione che non esistesse mondo al di fuori di quei muretti a secco e che al di là di quel mare ci fosse ancor più nebbia e freddo.
Eppure George fin da bambino soleva uscire di casa senza dire una parola, preferibilmente al mattino, e cavalcare verso la costa, verso le scogliere. Si soffermava laggiù, seduto sul bordo ad osservare quel mare sconfinato che guardava a Nord Est. E sognava. E viaggiava.
Gli diedero del pazzo quando, agli inizi di novembre, all’età di 28 anni, George annunciò ai parenti, praticamente tutto il paese, che stava per partire. La madre ebbe quasi un crepacuore al pensiero del figlio in guerra, ma egli la tranquillizzò, se così si può dire, spiegandole che stava per partire al seguito di una spedizione scientifica diretta in India.
Solo un mese prima un uomo misterioso si presentò alla taverna del paese. Era piuttosto alto abbigliato in modo assai strano, con stretti pantaloni di tela blu, una camicia bianca ed un giubbotto da aviatore. Teneva la barba ben curata e si presentò come Primus Unclebress, disse che era timoniere di una ex fregata della regia marina attualmente prestata alla Royal Society, l’accademia inglese delle scienze.
Non spiegò molto né delle ragioni, né della destinazione del viaggio che avrebbe potuto intraprendere, ma gli srotolò di fronte una mappa con una rotta. Una rotta tracciata attraverso metà del mondo fino al punto più remoto delle terre ferme a Nord Est, attraverso il mare, attraverso l’Europa in fiamme, fino alle montagne che dividono i mondi e poi giù seguendo il corso dei fiumi sacri e dove nacque la vita.
Percorse silenzioso assieme a quell’uomo le vie segnate dal passaggio della storia, incontrò ogni sorta di bestia e popolo scoprendo che gli sguardi delle genti riflettevano ognuno il proprio cielo, come il suo aveva al fondo le onde grigie del Mare del Nord. E ancora deserti interminabili di vite tenaci e nascoste. Scoprì che migliaia di miglia lo allontanavano sempre di più da un irriconoscibile se stesso, ma nemmeno di un passo da casa. Si spinse fino al confine del mondo, in un punto dove gli esseri umani sanno di essere solo ospiti, dove guardando l’oceano giurò ai suoi rimpianti che non avrebbe sbagliato mai più.
Sentì che l’enormità di quel viaggio terminava proprio lì, a Nord Est, sarebbe bastato un passo, per andare oltre, sui ghiacci, ma si sentiva stanco e svuotato. Già volgeva la mente al ritorno quando incontrò una donna. Aveva occhi sottili ed eleganti ed un cuore di confine. Possibile che quel cammino avesse allora un senso diverso? Di sicuro lo ebbe il ritorno, da quel punto a Nord Est del suo mondo, da quei cieli, da quel confine. Da se stesso.